Grande guerra Emilia-Romagna.
Tra orizzonte regionale e nazionale

In fuga dalla guerra. I profughi della I Guerra Mondiale in Emilia-Romagna

In fuga dalla guerra. I profughi della I Guerra Mondiale in Emilia-Romagna

La Mostra, curata da Daniele Ceschin e coordinata dall’Isrec di Piacenza, intende offrire una sintesi divulgativa della ricerca triennale sui profughi di guerra in Emilia Romagna, promossa e attuata da un gruppo di ricerca regionale, impegnato a consultare la documentazione degli archivi storici centrali e locali, oltreché di quelli familiari e la pubblicistica, posti a confronto con la ricostruzione storiografica e le fonti archivistiche friulane e venete.

Attraverso i testi, i grafici, le immagini di documenti e fotografie di contesto presentati nei quindici pannelli – sette generali e otto provinciali – si illustrano i caratteri nella nostra regione dell’imponente esodo di massa di oltre mezzo milione di civili dal Friuli e dal Veneto seguito alla disfatta di Caporetto, che andò a sommarsi allo sgombero di oltre 70mila trentini nella primavera del 1916, dopo l’offensiva austriaca sugli Altopiani vicentini. 

La pressione sociale sulle popolazioni stanziali è consistente in una situazione già difficile per l’inclusione dalla fine del '17 delle province emiliane nella zona di guerra, destinata perciò alla riorganizzazione dell’esercito, ai campi di prigionia e all’accoglienza e cura dei feriti. Infatti, tutti gli sfollati, tranne quelli inviati a Nord-Ovest, transitarono per le città emiliane e oltre 70.000 vennero distribuiti dal Ministero dell’Interno nei capoluoghi e nei Comuni piccoli e grandi. I problemi di accoglienza, assistenza, alloggio, alimentazione e lavoro, normati dall’alto dai decreti luogotenenziali con l’istituzione dell’Alto Commissariato per i profughi e localmente seguiti dai Comitati o Patronati istituiti per la loro assistenza morale e materiale, si inserivano in una situazione di razionamento alimentare, di preoccupazione per gli uomini al fronte, di reciproco sospetto per le diversità linguistiche e culturali, nei modi di vita e di lavoro.

Nonostante la martellante propaganda patriottica sulla stampa locale e la vigilanza poliziesca per il pericolo che possibili austriacanti, disfattisti e facinorosi sfollati infiammassero il clima al contatto con i socialisti delle terre emiliano-romagnole, le difficoltà della convivenza trovarono espressione nei resoconti dei Prefetti, nelle relazioni dei Comitati, nelle testimonianze dei profughi.


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